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  ANNO: 2008  

REGIA: Guillermo Arriaga.

ATTORI: Kim Basinger, Charlize Theron, Jennifer Lawrence

TRAMA:Il film esplora le misteriose connessioni tra diversi personaggi separati dal tempo e dallo spazio. Mariana, una ragazza di 16 anni, sta cercando di rimettere in sesto le vite dei suoi genitori in una cittadina messicana di confine. Sylvia, una donna di Portland, deve affrontare un'odissea emotiva per cancellare un peccato del suo passato. Gina e Nick, una coppia alle prese con una relazione clandestina, e Maria, una giovane ragazza che cerca di aiutare i suoi genitori a trovare redenzione, perdono e amore

SCENE CULT:

L'AMORE: Tra Gina e il suo amante e tra la giovane Sylvia e il suo giovane fidanzato.
SCOPERTA:
 La  scoperta che farà Sylvia le darà una nuova voglia di vivere e una nuovo scopo per cui combattere!
ESPLOSIONE:
E' probabilmente la scena madre da cui parte l'intero film. Il fuoco è l'elemento predominante di tutta la vicenda.
 
 

CRITICHE: Il film ha ricevuto critiche ora positive ora negative. Tutti però hanno notato la bellezza delle due attrici esaltando sia la prova di Kim Basinger che quella della Theron.
Il Messaggero:"
Una baracca che brucia in mezzo alla pianura. Una donna che va a letto con chiunque le capiti a tiro ma per punirsi, senza un briciolo di gioia. Una figlia che inizia a scoprire qualcosa sul padre solo dopo averlo visto quasi morire. Un'altra donna che ferma la mano dell'amante ogni volta che si avvicina al suo seno. Un gruppo di ragazzi in visita ai resti della baracca. "E' qui che mio padre si incontrava con quella puttana. Sono bruciati vivi mentre erano a letto insieme. Per staccare i corpi hanno dovuto usare il coltello".
Chi conosce i film di Alejandro Gonzalez Iñarritu (Amores Perros, 21 grammi, Babel), riconoscerà nel puzzle di situazioni e di sentimenti estremi di The Burning Plain - Il confine della solitudine la mano dello sceneggiatore Guillermo Arriaga, qui alla prima regia. È una tecnica di sicura suggestione, anche se meno sofisticata e innovativa di quanto sembri. Si tratta di far procedere il racconto su strade parallele, confondendo ad arte le piste e la cronologia. Ignorare i rapporti fra le diverse piste del racconto accresce il mistero e la tensione.
È anche una tecnica abusata. Da Altman (America oggi) a Paul Haggis (Crash), da Tommy Lee Jones (Le tre sepolture, sempre scritto da Arriaga) a P.T. Anderson (Magnolia), sono in molti ad aver lavorato sulla dislocazione e il differimento del racconto. Naturalmente bisogna vedere cosa resta sul tappeto quando poi il puzzle si ricompone. Il rischio è che il disegno finale si riveli meno interessante dell'enigma iniziale. Come accade anche nel seducente quanto poco convincente esordio di Arriaga, che rivernicia di nuovo sentimenti antichi quanto il melodramma.
Che cosa sarebbe The Burning Plain senza la bellezza (e la bravura) degli attori, cosa sarebbero le loro sofferenze senza l'incanto dei paesaggi fotografati dal Robert Elswit del Petroliere (un incanto che sembra largamente preesistere al film), come faremmo ad avvicinarci a questo insieme straziato di amori e legami famigliari senza i movimenti di macchina lenti e avvolgenti con cui Arriaga ausculta i suoi personaggi stavamo per scrivere le sue vittime?
Perché alla fine il punto è proprio qui: malgrado il pathos che sprizza forzosamente da ogni dettaglio, su tutta questa storia di colpe e riscatti, punizioni e autopunizioni, aleggia un vago ma persistente senso di gratuità che dà al film una vaga coloritura sadica. Come se questi personaggi non avessero vita propria, come tutti i veri personaggi, ma fossero "ostaggio" del film, del suo disegno, di una logica che incombe sopra di loro dal primo all'ultimo fotogramma finendo per schiacciarli. Come già in Babel e in 21 grammi, a ben vedere, anche se lì a mascherare gli abusi dello script c'era ben altro regista.

Il corriere della sera:"
Esiste un cine-genere delle sliding doors, cioè il potere del caso, l' incastro di storie: certo, certissimo anzi probabile. Lungo la linea di Crash, Magnolia e Babel, Arriaga, il grande sceneggiatore di Inarritu e Tommy Lee Jones, si mette in proprio a fare strane parole crociate con Spazio e Tempo. Ponendoci davanti due storie d' amore, un' infelice vogliosa donna con ristorante da 500 dollari di mancia a botta, una ragazza messa peggio della Giulietta scespiriana, e dietro la memoria del fattaccio, il rogo di un camper con due amanti in piena funzione a bordo. Sta al pubblico mettere in ordine i pezzi e scoprire il rapporto causa-effetto: non si interrompe un' emozione, ma il gioco è crudele e piacevole, tre attrici portentose in sfida generazionale: la «vecchia» Kim Basinger, la splendida Charlize Theron, la rivelazione Jennifer Lawrence. Gli uomini? Che mascalzoni, ancora una volta.
 Liberazione:"
L'ex pugile nonché, a questo punto, ex sceneggiatore e neo-regista Guillermo Arriaga (reso famoso dalle scritture di "Amores Perros" e di "Babel", così come dei contorti "21 grammi" e "Le tre sepolture") non brilla per leggerezza né tantomeno per ottimismo. E' vero che la vita di ciascuno di noi pullula di disgrazie, ma non per questo ce le dobbiamo raccontare tutte ogni volta. Il suo esordio alla regia ("The burning plain", ieri a Venezia in concorso) torna sulla multi-trama alla "Babel". Tre donne di tre generazioni (Charlize Theron, Kim Basinger e la giovane Jennifer Lawrence) si agitano nelle loro vite parallele e contorte. Ognuna di loro nasconde nel cuore terribili verità dettate dall'eccesso di amore. Il complesso ordito di destini si intreccia ovviamente alla fine, con colpaccio finale capace di far tirare un gran sospiro di sollievo al pubblico. Che finalmente capisce tutto e, prostrato dalla tensione cerebrale, si scioglie in lacrime. Un po' "Ponti di Madison County", un po' affresco alla Marquez, Arriaga più che debuttare sprofonda nei suoi vecchi vizi, rispolverando un soggetto che sconta i 15 anni nel cassetto e l'auto-remake. Così che, invece di proporci qualcosa di inedito, il cineasta messicano finisce per propinarci una minestra riscaldata. A cui poco aggiunge la poetica dei quattro elementi (aria, acqua fuoco, terra) di cui sembrano fatti i paesaggi e le trame umane che li abitano. Appassionato invece lo sforzo di aderire ai difficili personaggi delle attrici. Charlize Theron (qui anche produttrice) si sceglie un ruolo difficile e sgraziato a cui comunica un po' troppa fissità, mentre Kim Basinger regala ai suoi splendidi cinquant'anni uno dei suoi ruoli migliori. Girato tra l'Oregon e i deserti del Messico, questa "Pianura bruciante" piacerà al grande pubblico, ma molto meno alla critica pignola come la nostra. Che infatti si agita anche per l'altro titolo ieri in concorso, firmato dall'iraniano-franco-tedesco Barbet Schroeder. Il suo "Inju" è un omaggio all'amato Giappone, al cinema poliziesco, a quello sui samurai e infine alla letteratura noir di Edogawa Ranpo (l'Edgard Allan Poe d'Estremo Oriente). Anche solo questa sfilza di commemorazioni rende l'idea del caos in cui ci stiamo infilando.
Un giovane giallista francese (Benoit Magimel) vede il suo best seller pubblicato in Giappone. Studioso accanito del suo rivale nipponico, Shundei Oe, decide di recarsi a Kyoto per promuovere il suo libro e lanciare una sfida all'oscuro e invisibile Oe. Tra teste mozzate, case abitate da fantasmi e una misteriosa geisha (che in realtà si dice "geiko"), i due si sfideranno senza esclusione di colpi. Il risultato è divertente, ma anche qui la presenza in concorso ci pare ingiustificata. Al terzo giorno di gara le nostre idee sono ancora altamente confuse e le intuizioni sul Leone assai pallide.


In Italia il film è uscito il 7 Novembre 2008 incassando un totale di € 1.310.000

Costo: circa 20 milioni di dollari

Locations: Depoe Bay Oregon  USA  - Las Cruces, New Mexico, USA  -  Portland, Oregon, USA
 

PAROLA MIA: Un Kim Basinger in ottima forma. Bella, sensuale e sorprendentemente vera. Un film intenso, un film in cui si intrecciano più vicende, più dolori e sensazioni. Un grande regista e due strepitose attrici. Da non perdere.